Dall’inchiesta ‘Minefield’ sono emerse operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e nazionale ad opera del sodalizio condotto da soggetti calabresi originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, alcuni nati a Reggio Emilia e altri originari della provincia di Foggia. Le indagini di carabinieri e guardia di finanza – coordinati dalla procura reggiana – hanno portato a scoprire come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita degli “utilizzatori” coinvolti nell’articolato sistema di frode fiscale che si reggeva grazie alle cosiddette ‘cartiere’ intestate a insospettabili prestanomi. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, le fatture false ammontano a circa quattro milioni di euro per sei milioni di euro di imposte evase. L’organizzazione inoltre gestiva un imponente giro d’affari in diversi settori, dalle prestazioni di servizi (cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie), oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all’ingrosso.