Un fiume di cocaina transita dal porto di Gioia Tauro. Una circostanza ormai acclarata da decine di operazioni e che trova un’ulteriore conferma dall’esito dell’ultima inchiesta che stavolta ha portato alla luce anche sordidi intrecci tra funzionari infedeli dello Stato e boss della ‘ndrangheta. Quasi tre tonnellate di polvere bianca, infatti, secondo l’accusa, sarebbero transitati dallo scalo tra giugno 2020 e ottobre 2022 grazie a doganieri corrotti e a spedizionieri in contatto con la ‘ndrangheta. Due tonnellate e 700 chili sono state intercettate in tre fasi ma gli altri sono riusciti a passare ed a finire sul mercato. A scoprire cosa avveniva tra le banchine del più grande porto container del Mediterraneo, sono stati i finanzieri del Nucleo di polizia economica finanziaria-Gico di Reggio Calabria che, con il coordinamento della Dda reggina, hanno portato in carcere due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Antonio Pititto e Mario Giuseppe Solano, rispettivamente di 60 e 59 anni, accusati di traffico internazionale di cocaina, e posto ai domiciliari la dipendente di una società di spedizioni, Elisa Calfapietra di 38 anni. Altre 4 persone sono indagate in stato di libertà. Stando alle indagini condotte dal colonnello Mauro Silvari, Pititto e Solano farebbero parte di “un gruppo criminale -come è scritto nel capo di imputazione- articolato su più livelli, comprensivo di squadre di operatori portuali e doganieri infedeli, dotato di elevatissime disponibilità finanziarie”. L’obiettivo era “reperire ed acquistare all’estero, importare, trasportare in Italia attraverso le navi cargo in arrivo al porto di Gioia Tauro nonché commercializzare ingenti quantitativi di cocaina”. Solano, in particolare, “fungeva da tramite fra il gruppo degli ‘esfiltratori’ della cocaina e il gruppo dei doganieri corrotti”. Lo stesso avrebbe garantito “la propria disponibilità a svolgere tutte le attività necessarie a consentire ai container contenenti cocaina di superare i controlli e lasciare il Porto di Gioia Tauro”. Il gip evidenzia inoltre il “coinvolgimento” dei doganieri -addetti ai controlli scanner- “in una pluralità di traffici illeciti di importazione” e “la spavalderia criminale dimostrata”. “Del resto -scrive anche il gip- l’esistenza di rapporti stratificati ormai da anni fra soggetti che operano all’interno di quell’Ufficio (Agenzia delle Dogane, ndr) e soggetti che gravitano nell’ambito portuale costituiscono espressione di una protervia criminale che promette il ripetersi di analoghi comportamenti”. Nel fascicolo di indagine ci sono anche le dichiarazioni di Raffaele Imperiale, il boss della droga campano arrestato nella precedente operazione “Tre croci” e diventato collaboratore di giustizia che parla del sequestro di 2.226 chili di cocaina avvenuto a Catania riferendo che avevano avuto la segnalazione di non avvicinarsi al container perché sarebbero stati arrestati. Ad informarli, secondo l’accusa, sarebbe stato Solano che, in un’intercettazione, dice: “Sì, sono stato io a dirglielo! Li ho salvati… gliel’ho detto io: ‘Non andate ché vi arrestano'”.
I doganieri arrestati “davano istruzioni ai trafficanti di droga”
Sono accusati di traffico internazionale di cocaina i due funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di Gioia Tauro arrestati stamattina dal Nucleo di polizia economica finanziaria della guardia di finanza-Gico che ha eseguito la misura cautelare nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Stando alle indagini Antonio Pititto e Mario Giuseppe Solano, rispettivamente di 60 e 59 anni, farebbero parte di “un gruppo criminale – si legge nel capo di imputazione – articolato su più livelli, comprensivo di squadre di operatori portuali e doganieri infedeli, dotato di elevatissime disponibilità finanziarie allo scopo di commettere più delitti”. Oltre ai due doganieri, e alla dipendente di una società di spedizioni, Elisa Calfapietra, di 38 anni, finita ai domiciliari, nell’inchiesta ci sono altri 4 indagati. Si tratta di Domenico Cutrì di 45 anni, Giuseppe Papalia di 39, Renato Papalia di 27 e Pasquale Sergio di 63 anni. In particolare, Solano, “in servizio all’ufficio Antifrode, fino al settembre 2021 quale addetto al ‘controllo scanner’ e successivamente quale addetto alla ‘visita merci’ fungeva da tramite fra il gruppo degli ‘esfiltratori'” della cocaina “e il gruppo dei doganieri corrotti”. Secondo la Dda, diretta da Giovanni Bombardieri, il doganiere arrestato avrebbe garantito “la propria disponibilità, quella dei sodali Mario Pititto e Pasquale Sergio, a svolgere tutte le attività necessarie a consentire ai container contenenti cocaina di superare i controlli e lasciare il Porto di Gioia Tauro”. In questo modo “forniva indicazioni sulle metodologie di importazione più vantaggiose per il gruppo criminale, e più difficili da perseguire per l’Ufficio Dogane e per le forze dell’ordine”. Per il tramite di un altro indagato, inoltre, Solano “indicava ai gruppi sudamericani le modalità di carico dello stupefacente più opportune per occultare la sostanza al passaggio allo scanner”. L’altro doganiere arrestato Mario Pititto e l’indagato Pasquale Sergio, infine, prendevano indicazioni da Solano e avrebbero alterato “gli esiti delle scansioni radiogene relative ai container di interesse del gruppo, non segnalando le anomalie emerse durante i controlli e consentendo ai container contenenti cocaina di venire ‘svincolati’ ed uscire dallo scalo portuale di Gioia Tauro”.
Wanda Ferro: “Straordinariaoperazione della Guardia di Finanza di Reggio”
“E’ di straordinaria rilevanza l’operazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dello Scico, condotta con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri e il supporto di Eurojust, Europol e della Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell’Interno, che ha consentito di arrestare, tra gli altri, due funzionari dell’Agenzia delle Dogane in servizio nel porto di Gioia Tauro che, secondo le accuse, sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti”. Lo afferma, in una nota, il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia. “In particolare, secondo gli inquirenti -aggiunge- i doganieri arrestati avrebbero alterato le ispezioni dei container per consentire l’uscita dal porto di tonnellate di cocaina provenienti dai narcos sudamericani e destinate alle cosche di ‘ndrangheta. L’operazione dimostra ancora una volta la determinazione dello Stato nel contrastare i fenomeni di connivenza e corruzione che, anche con il coinvolgimento di funzionari infedeli, agevolano l’operato delle organizzazioni criminali. Il colpo inferto al sodalizio va nella direzione di liberare dagli interessi criminali il porto di Gioia Tauro, un’infrastruttura strategica per lo sviluppo della Calabria e dell’intero Mezzogiorno”. “Un risultato – dice ancora il sottosegretario Ferro – che é il frutto dell’impegno e della capacità di magistratura e forze dell’ordine, che hanno il pieno supporto e l’incoraggiamento del governo Meloni affinché la ‘ndrangheta abbia vita dura e abbia ben chiaro di non poter contare ancora a lungo su zone franche e complicità”.