Aveva assunto il monopolio di interi settori economici e commerciali della zona l’organizzazione criminale sgominata ieri mattina dai carabinieri del comando provinciale di Crotone, con l’operazione che ha portato a 31 provvedimenti cautelari emessi dal gip di Catanzaro su richiesta della Dda.
La cosca di Cirò, storicamente guidata dalle famiglie Farao e Marincola, in particolare, aveva assunto il controllo del mercato dell’ortofrutta e soprattutto dell’intera filiera del pescato nei porti di Cirò Marina e di Cariati. Le minacce erano esplicite, ma spesso, a intimidire era la notoria appartenenza alle famiglie ‘ndranghetistiche cirotane. Gli affiliati avrebbero costretto i pescatori a consegnare il prodotto ittico ai prezzi da loro imposti o addirittura a pescare solo le tipologie di pesce da loro decise, tralasciando le altre; quindi a utilizzare i magazzini per lo stoccaggio del pescato e le attrezzature per la pesca da loro esclusivamente messi a disposizione. Gli indagati sono accusati anche di aver costretto i titolari delle pescherie di Cirò e di Cirò Marina a ricevere e ad acquistare il pesce esclusivamente da loro e a prezzi di rivendita da loro stessi decisi. Le indagini hanno poi rivelato numerosi episodi estorsivi ai danni delle attività imprenditoriali e commerciali del settore ortofrutticolo del Cirotano, con il chiaro intento di monopolizzare, sotto il profilo economico, interi settori commerciali, mediante l’apertura di nuove realtà economiche gestite dagli affiliati, da loro familiari o da altri prestanome. Sarebbe stata alterata la libera concorrenza, anche violentemente, tramite vessazioni e intimidazioni. Le indagini dei carabinieri costituiscono la prosecuzione dell’attività sfociata nella maxi operazione antimafia denominata “Stige” del gennaio 2018 e hanno permesso di accertare che il Locale di Cirò, dopo il duro colpo subito in quella occasione, era riuscito a ricompattarsi mantenendo tutta la sua operatività. Anzitutto inserendo nel suo organigramma sia i ‘veterani’ della cosca che le nuove leve del panorama associativo locale i quali hanno potuto avvalersi, a loro volta, dei familiari di altri affiliati già detenuti, poiché coinvolti in precedenti operazioni di polizia. Nel corso delle indagini è emersa l’esistenza di una ‘bacinella’ a cui attingere per pagare gli stipendi agli affiliati, per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e corrispondere le relative spese legali, nonché per garantire economicamente lo svolgimento delle nozze della figlia del capo del Locale di Cirò. Per le loro attività estorsive gli affiliati avrebbero avuto a disposizione numerose armi comuni e da guerra, in parte sequestrate durante le indagini. Tra le persone arrestate c’è anche un avvocato del foro di Catanzaro. Si tratta di Gennaro Pierino Mellea, 47 anni, per il quale la gip distrettuale Arianna Roccia ha disposto la misura degli arresti domiciliari, con l’accusa di estorsione nei confronti di un imprenditore agricolo.
La vittima sarebbe stata costretta a cedere un terreno che aveva regolarmente acquistato dall’ente pubblico Ismea; non aveva messo in conto, tuttavia, che quel terreno era stato precedentemente espropriato a una famiglia di Umbriatico, nel Crotonese, ritenuta affiliata proprio alla cosca di Cirò. I sodali si sono attivati per convincere l’imprenditore agricolo a restituire quel terreno.
In questo contesto – annota la gip Roccia – è emerso il coivolgimento di un avvocato di Catanzaro, Gennaro Mellea, che in nome e per conto della famiglia di Umbriatico, aveva avvicinato l’imprenditore agricolo per ‘convincerlo’ a cedere i terrenni acquistati dalla società Ismea agli affiliati della cosca cirotana.