“Lo stato attuale a cui si è pervenuti è conseguenza del venir meno della dialettica politica, evidentemente bypassata dal decisionismo centralizzato, che preferisce risolvere attraverso l’imposizione, determinando, di fatto, una situazione di conflitto, lontanissima dalla volontà e dalle intenzioni del partito calabrese, che, al contrario, ha lavorato per ricercare la soluzione più forte ed unitaria possibile”. E’ uno dei passaggi contenuti in un documento approvato “dopo un confronto ampio ed articolato” dal Comitato politico regionale del Partito della Rifondazione comunista della Calabria che contesta le scelte della dirigenza nazionale ma confida in un “recupero del rapporto di fiducia” tra centro e periferia. “Proprio in considerazione di ciò – è detto nel documento che ha ottenuto il voto favorevole del 90% dei presenti – riteniamo che le decisioni prese (ma al momento non ufficializzate) al tavolo nazionale, da parte della delegazione del partito (Acerbo nella foto, Locatelli, Forenza) dimostrino ancora una volta come il partito calabrese venga così poco considerato dal gruppo dirigente centrale, da essere ritenuto non capace di avere rappresentanti che siano espressione del proprio territorio. Evidentemente, l’abitudine di penalizzare elettoralmente i comunisti calabresi tarda a morire e, se andiamo indietro nel tempo, possiamo facilmente ricordare che l’80% degli eletti in Parlamento, in Calabria, sono stati compagni di altre regioni, calati dall’alto (e di cui nessuno ricorda niente di significativo né di propositivo nei confronti del popolo calabrese)”. “Eppure questa volta -è detto ancora nel testo- avevamo motivi validi per sperare che il rituale non si ripetesse: non è stato forse il partito calabrese, nelle Regionali del 2021, artefice della creazione del terzo polo (alternativo al centro-sinistra e alle destre), a costruire i presupposti per la creazione dell’Unione popolare di oggi?”. “Invece di riconoscere al lavoro ed al sacrificio generoso dei compagni di base – è detto ancora nel documento – il merito di aver creduto nella coalizione con De Magistris e di aver fattivamente contribuito al raggiungimento del risultato, quel quasi 17% ottenuto nella nostra regione ha scatenato gli appetiti ed è legittimo pensare che, se il risultato si fosse attestato ai livelli abituali, la Calabria non avrebbe esercitato lo stesso richiamo e nessuno sarebbe venuto, nella speranza di assistere al fenomeno della fata Morgana. La verità è che questa pratica politica, squallida ed insopportabile, parla di privilegio a danno dei militanti territoriali. Se è così, non possiamo predicare di essere migliori degli altri; anzi, siamo i peggiori, perché almeno gli altri non si presentano come i migliori. Tuttavia, non è ancora il momento di disperare, anzi vogliamo augurarci che il gruppo dirigente centrale ritrovi la lucidità per ritornare sui suoi passi. Qualora ciò non si verificasse, sarebbe inevitabile -conclude la nota- attribuire al Partito l’ennesima responsabilità di aver operato scelte non volute, che produrrebbero automaticamente delusione e disimpegno”.