CATANZARO. La corte di appello di Catanzaro ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” padre Fedele Bisceglia, l’ex frate accusato di violenza sessuale nei confronti di una suora. La Corte (presidente Maria Vittoria Marchianò, e i giudici Giancarlo Bianchi e Gianfranco Grillone, cancelliere Giuseppe Femia) ha invece inflitto 3 anni e 4 mesi al segretario del religioso, Antonio Gaudio, relativamente ad un altro episodio di violenza su una ospite dell’Oasi francescana. L’ex frate, sospeso a divinis proprio per la vicenda giudiziaria, finì in carcere nel gennaio del 2006, e fu rinviato a giudizio assieme a Gaudio il 9 gennaio del 2008. Padre Fedele, che oggi non era presente in aula, e Gaudio furono condannati in primo grado con la sentenza emessa il 6 luglio 2011 dal tribunale collegiale di Cosenza rispettivamente a 9 anni e 3 mesi, e 6 anni e 3 mesi. Sentenza confermata dalla Corte di appello di Catanzaro il 17 dicembre del 2012. Poi il ricorso della difesa degli imputati alla Corte di cassazione che ha annullato la sentenza di secondo grado e rinviato gli atti nel capoluogo calabrese per una nuova pronuncia. Nella precedente udienza il sostituto procuratore generale Raffaela Sforza aveva chiesto di condannare a 9 anni e 2 mesi, il religioso, e a 6 anni e 2 mesi il suo segretario. “Adesso spero di poter tornare a dire messa, altrimenti non ha valore. Se non tornassi a dirla sarei uno sconfitto”. È il primo commento di padre Fedele all’assoluzione. Dopo avere saputo la notizia, Fedele – sospeso a divinis ed allontanato dall’ordine dei cappuccini dopo la precedente condanna – si è recato in chiesa. “Ringrazio Gesù – ha detto all’ANSA – e la Madonna della Catena. Ho sempre creduto nell’assoluzione perché una cosa del genere neanche l’ho pensata. Perdono e prego per la suora perché si ravveda”. Dopo la lettura della sentenza l’avvocato di padre Fedele, Eugenio Bisceglia (co difensore assieme a Franz Caruso), si è detto “ampiamente soddisfatto del risultato frutto di un duro e lungo lavoro durato 10 anni. Un grazie va a tutto il mio studio che ha coordinato le attività difensive e ad Andrea Felci titolare dell’agenzia di investigazioni private che ci ha supportato”. “Ho scritto al vescovo di Cosenza – racconta poi padre Fedele con un tono di voce molto pacato rispetto a quello usato quando fu condannato – chiedendogli di poter concelebrare messa il 4 luglio, una data per me molto importante. Il 4 luglio del ‘44, quando avevo cinque anni, mia madre è morta per una polmonite. Di lei ricordo il bacio che le ho dato prima che se ne andasse, ma da quello che mi hanno detto tutti, di lei conservo l’amore per i poveri. Lei i poveri li faceva mangiare a casa e non fuori. E questo amore lo ha inculcato anche a me, evidentemente”. “Nella sentenza – prosegue – ci ho sempre creduto. Quelle cose non l’ho mai neanche pensate. Appartengo a Gesù e lui disse ‘mentendo diranno ogni sorta di male contro di me’. E contro di me ne hanno dette di cose …”. Padre Fedele rivolge quindi un pensiero al suo segretario, Antonio Gaudio, assolto dall’accusa di avere violentato la suora ma condannato per abusi su un’ospite dell’Oasi Francescana di Cosenza: “Mi spiace e prego per lui, ha due figli piccoli. Mi è sempre stato vicino”.