REGGIO CALABRIA. Sette persone sono state arrestate dai Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria per sfruttamento di manodopera clandestina. I militari della Compagnia di Gioia Tauro, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e della Compagnia Speciale del Gruppo Operativo Calabria di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare personali nel regime degli arresti domiciliari. L’operazione, denominata chiamata “Confine”, è stata avviata nel novembre 2013 con l’obiettivo principale di perseguire il fenomeno del “Caporalato” ai danni di immigrati. I reati contestati sono: associazione per delinquere finalizzata alla Intermediazione illecita e allo Sfruttamento del lavoro; reclutamento di manodopera clandestina di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno o scaduto; violazione della normativa previdenziale di tutela dei lavoratori subordinati e truffa aggravata ai danni di enti pubblici. I militari hanno anche eseguito provvedimenti di sequestro preventivo di beni immobili, tra cui la società denominata “APO Calabria Società Cooperativa agricola a r.l.”, e mobili, come i mezzi adoperati per il trasporto degli extracomunitari sui terreni, per un valore complessivo di circa 1 milione di euro. I particolari dell’operazione saranno illustrati a margine delle celebrazioni per la festa dell’Arma di Reggio Calabria, da parte del Procuratore della Repubblica di Palmi, Dott. Ottavio Sferlazza. La festa avrà luogo nella Scuola Allievi di Reggio Calabria questa mattina con inizio alle ore 10. I destinatari delle misure cautelari sono i rosarnesi Davide Madaffari, di 41 anni; suo cugino Alessandro Madaffari di 37 anni; Salvatore Di Bartolo di 40 anni; Giuseppe Ravalli di 26 anni; Vincenzo Consiglio di 43 anni; Mohammed Keita, 30enne presunto caporale del Mali e Filip Kuzev, 36enne presunto caporale della Bulgaria. L’indagine, condotta con il coordinamento del pm di Palmi Luigi Iglio, avrebbedocumentato lo stato di sfruttamento dei lavoratori sottoposti al fenomeno del caporalato nella piana di Gioia Tauro. Si tratta di un’attività di intermediazione con la quale viene reclutata manodopera giornaliera, spesso non specializzata, che viene collocata presso i datori di lavoro, a fronte della pretesa a titolo di compenso per l’attività di intermediazione svolta, di una percentuale della retribuzione dai lavoratori, che a volte supera anche il 50 per cento della già misera paga, che si aggira a poco meno di 0,50 centesimi a cassetta per la raccolta degli agrumi. L’organizzazione criminale, formata da persinaggi già noti agli inquirenti, secondo quanto emerso, si è dimostrata in grado di garantire, con continuità, agli imprenditori la forza lavoro necessaria per conseguire un ingiusto profitto dallo sfruttamento della manodopera straniera ed irregolare e ben definiti sono i ruoli sia dei “Caporali” che dei datori di lavoro. Accanto allo sfruttamento di extracomunitari di origine nordafricana, semnpree secondo gli inquirenti, c’ è quello di persone provenienti da paesi comunitari soprattutto dell’est Europa, in particolare cittadini di nazionalità bulgara.