Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, Gabriella Logozzo, ha inflitto 43 condanne a conclusione del processo ‘Malapianta’ celebrato con rito abbreviato nei confronti delle cosche di Cutro, Mannolo-Zoffreo-Falcone-Trapasso, e delle loro ramificazioni in Umbria. Alla sbarra 63 imputati, accusati a vario titolo di associazione mafiose, narcotraffico, estorsioni, usura, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose. La procura distrettuale antimafia aveva chiesto 59 condanne. Confermato, dunque, il teorema accusatorio così come le richieste di condanna per gli appartenenti alla cosca che aveva investito nello traffico di droga i guadagni delle estorsioni e dell’usura ai danni di attività commerciali e turistiche della costa al confine tra le province di Crotone e Catanzaro. L’indagine denominata Malapianta, culiminata in un blitz con arresti il 29 maggio 2019, è stata resa possibile proprio grazie al coraggio di una delle vittime delle estorsioni, l’imprenditore Giovanni Notarianni, titolare del villaggio turistico Porto Kaleo, che si è ribellato alla cosca e ha chiesto aiuto allo Stato. L’organizzazione di San Leonardo di Cutro, infatti, da anni esercitava la sua criminale influenza sulla gestione dei villaggi turistici nel territorio, obbligati all’assunzione di lavoratori vicini alla consorteria ‘ndranghetista nonché ad acquistare beni e servizi da fornitori anch’essi graditi al clan. L’operazione Malapianta ha rivelato che la cosca di San Leonardo agiva in rapporti di dipendenza funzionale con la cosca Grande Aracri egemone sulla provincia versandole le ‘royalties’ per l’autorizzazione del pizzo.