I cittadini residenti nel Mezzogiorno pagano più tasse rispetto ai loro connazionali del Centro-Nord perché lo Stato, investendovi meno soldi, costringe gli enti locali ad aumentare la pressione fiscale per garantire i servizi. Questo quanto si evince dal focus di Eurispes sulla condizione della Calabria e sulle politiche economiche adottate negli ultimi anni dallo Stato, diffuso stamani. Le ragioni della sproporzione, si legge nel rapporto, “risiedono nei più bassi quantitativi di spesa pubblica che lo Stato concede al Sud, rispetto a quelli che elargisce al Nord. Infatti, tale spesa pubblica negatagli dal governo centrale, in modo ininterrotto, sistematico e illegale induce gli Enti locali del Mezzogiorno ad aumentare le imposte ai propri cittadini, riuscendo, però, a soddisfare solo una piccolissima parte del bisogno di servizi a essi necessario. Così – sottolinea l’Eurispes -, i meridionali, oltre a godere di servizi e benefici di pessima qualità, e pur avendo in media già redditi decisamente più bassi rispetto ai loro concittadini del Nord, si ritrovano a dover pagare tasse molto più onerose rispetto a questi ultimi”.
irca le sottrazioni di spesa pubblica, poi, è interessante rilevare, continua l’Eurispes, “come, dai dati ufficiali del Sistema dei Conti Pubblici Territoriali, nel 2016, per esempio, si spendano 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Mezzogiorno, mentre limitatamente alla sola Calabria se ne spendano addirittura 11.852. In altre parole, se già ciascun cittadino meridionale nel 2016 ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale del Centro-Nord, un calabrese ne ha ricevuti addirittura 3.210 in meno. Nel 2015, la differenza tra Centro-Nord e Mezzogiorno ammontava, invece, a 3.337 euro, mentre quella tra Centro-Nord e Calabria – si legge – a 3.520 euro. Nell’ultimo anno disponibile, il 2017, si rileva poi l’imposizione di un’ulteriore riduzione della spesa pubblica media concessa al Mezzogiorno (dello 0,8%)”. Tale diminuzione in Calabria è addirittura del 3,2%, “a fronte – si legge nel focus – invece di un aumento dell’1,6% di spesa pubblica elargita al Centro-Nord. Così, se la differenza di spesa fra Centro-Nord e Mezzogiorno, nel 2017, sale a 3.358 euro pro capite, quella tra Centro-Nord e Calabria giunge addirittura ad assumere il valore di 3.821 euro”.
Queste politiche economiche, “di cui negli ultimi tempi – scrive l’Eurispes – s’è resa responsabile soprattutto la Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale, oltre a comportare la “automatica” maggiorazione delle tasse imposte dagli Enti locali meridionali, si traducono in una interminabile serie di servizi e diritti civili fondamentali regolarmente e sistematicamente negati ai cittadini del Sud Italia. E ciò paradossalmente in barba proprio, e anzitutto, al Federalismo fiscale, alle sentenze della Corte Costituzionale (come ad esempio: la n. 141/2016 o la n. 273/2013 o anche la n. 65/2016), alle leggi attuative della Costituzione (come, ad esempio, la 243 del 2012) o al Dpcm del 27 marzo 2015”.
L’Eurispes evidenzia poi che “la Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale, intendendo appurare l’entità del presunto immane flusso di denaro giungente al Mezzogiorno dal Nord (e alimentante gli sprechi del Meridione, secondo quanto diffusamente creduto), si è resa conto – scrive l’Eurispes – dell’esistenza di una situazione diametralmente opposta a quella che riteneva vi sussistesse”.
Tuttavia, “anziché adoperarsi ‒ secondo quanto previsto dallo stesso federalismo ‒ nel garantire un livello minimo di risorse essenziali (LEP) in tutt’Italia (come base di partenza equa dalla quale dare inizio allo sviluppo in maggiore autonomia delle differenti realtà del Paese)”, la Commissione “ha stabilito invece i fabbisogni e ha costruito il criterio del finanziamento ai Comuni italiani sulla base della loro spesa storica, cioè attribuendo somme pari a quelle da essi sempre ricevute (al Sud molto inferiori a quelle del Nord)”. Così, “venendo meno alla sua stessa ragion d’essere (disattendendo – si sottolinea – anzitutto gli articoli 117 e 119 del Titolo V della Costituzione, appositamente modificata e resa tale nel 2001 proprio per accogliere le istanze di natura federale)”, la Commissione “ha cristallizzato situazioni in cui, per esempio, in un numero enorme di Comuni del Sud Italia, nonostante vi risiedano numerosi bambini, non si ha diritto alla presenza di nemmeno un asilo nido (come, ad esempio, ad Altamura che, con 1.800 bambini, vi pervengono per gli asili nido zero euro). Oppure – si legge sempre nel rapporto – ha garantito il persistere di tantissimi casi paradossali, come quello esplorato anche nel nostro 32° Rapporto Italia, dell’emblematico confronto fra le due Reggio: Reggio Emilia e Reggio Calabria, dove alla prima che ha già molti più servizi è riconosciuto un fabbisogno standard di 139 milioni d’euro, mentre a Reggio Calabria, che ha meno servizi, di 104 milioni. Vale a dire, 35 milioni in meno, nonostante la stessa abbia 9mila abitanti in più (la prima ne ha 171mila e la seconda 180mila)”.
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