Una Fiat 500, un camion, società, conti correnti, diversi appartamenti e immobili tra Appiano Gentile e Oltrona San Manette (Como), numerosi terreni a Cadorago e persino boschi nei territori del Comasco, un ranch con animali e cavalli di razza: è quanto è stato confiscato a Bartolomeo Iaconis (62 anni) considerato storico esponente della ‘ndrangheta nel nord della Lombardia e già a processo a Como di fronte alla Corte d’Assise per l’omicidio di Franco Mancuso avvenuto a Bulgorello l’8 agosto del 2008 (Iaconis è accusato di essere il mandante di quel delitto, per cui è attesa per domani una sentenza). A decidere la misura è stato il Tribunale sezione autonoma misure di prevenzione, coordinato dal giudice Fabio Roia, nel collegio composto con i colleghi Veronica Tallarida e Ilario Pontani.
Tutto è partito dal sequestro di 55 mila euro in contanti, nascosti in due contenitori “composti da fondi di bottiglia di plastica, avvolti in nastro adesivo di colore argento” operato dalla squadra Mobile di Como, nel giugno scorso: il denaro si trovava nell’intercapedine di una struttura all’interno del ranch gestito dalla società di famiglia del boss, la “Azienda Agricola Bart – Ranch di Iaconis Bartolomeo”. Proprio nella ditta di campagna il tribunale ha disposto oggi la confisca non solo delle strutture immobili ma anche degli animali di proprietà, fra cui diversi cavalli e puledri (molti privi di microchip), cani, bovini di razza piemontese, capre, pecore e perfino galline. Sequestrate anche le società intestate alla moglie di Iaconis, di cui sono stati bloccati i conti correnti: la “The Bulldog” e la “Futura 2000” (quest’ultima confiscata). “I redditi leciti di Carmela Consagra (moglie del boss) appaiano non solo gravemente insufficienti per gli acquisti dei beni mobili registrati ed immobili oggetto di richiesta di sequestro – spiegano i giudici – ma sono entrati nel patrimonio familiare all’interno del perimetro della pericolosità sociale tracciata”, ovvero dell’attività di “associazione ndranghetista”; inoltre i redditi dichiarati, tra il 1998 e il 2017, non sono sufficienti “per il mantenimento del tenore di vita in concreto accertato dalle indagini sviluppate”.
In effetti la famiglia aveva dichiarato redditi minimi negli ultimi anni: nel 2017, ad esempio, registrava un reddito annuo di 899 euro, mentre erano state di appena 924 euro le entrate del 2015. Il tribunale ha inoltre disposto che Iaconis non si “allontani dalla sua casa se non previo avviso all’autorità di pubblica sicurezza”, che si dia “alla ricerca di un lavoro, che viva onestamente e rispetti le leggi senza associarsi abitualmente a persone che abbiano subito condanne o misure di prevenzione o sicurezza”, che “rincasi non più tardi delle 22 la sera e non esca prima delle 7 al mattino”; gli è inoltre vietato partecipare a riunioni in luogo pubblico e a lasciare la sua casa senza preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria”. Iaconis è stato coinvolto in una delle più importanti operazioni di ‘Ndrangheta nel nord Italia, che ha portato a sgominare i sodalizi del nord della Lombardia: nel ’94 infatti fu arrestato nella famosa “Notte dei Fiori di San Vito”, perché considerato il capo della locale di Fino Mornasco (Como).