In attesa della decisione sul ricorso presentato dal Governo contro l’ordinanza della Regione Calabria che ha allargato i principi della fase 2, i sindaci calabresi si dividono e propendono per le regole adottate dal Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte. Dei cinque capoluoghi
calabresi, solo Cosenza ha adottato le regole disposte dalla presidente Jole Santelli, aprendo subito alle disposizioni che consentono il servizio ai tavoli in bar e ristoranti. Scelte distanti anche dagli equilibri politici, se si considera che Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia sono governate
da amministrazioni di centrodestra, ma le ultime due hanno scelto, comunque, di mantenere equilibrio nell’avvio della fase 2. In entrambe le città, infatti, la scelta dei sindaci è quella di favorire il
servizio di asporto e consegna a domicilio, con diversi esercenti che hanno preferito non aprire viste le difficoltà di gestione dovute alle limitazioni. Il sindaco di Vibo, Maria Limardo, che inizialmente
aveva espresso soddisfazione per il provvedimento della governatrice Santelli, ha poi scelto la via più cauta. Analoga decisione anche a Reggio Calabria, dove il primo cittadino Giuseppe Falcomatà,
di centrosinistra, ha contestato subito l’ordinanza emessa da Santelli. A Crotone, infine, governata da un commissario prefettizio, valgono le regole del decreto governativo. Scelte a macchia di
leopardo nei piccoli comuni, la gran parte dei quali ha comunque sposato la linea del decreto governativo adottando apposite ordinanze. Gli stessi esercenti hanno espresso la volontà, in larghissima parte, di aprire solo quando saranno garantite le condizioni di sicurezza per la salute degli
utenti e degli stessi operatori. Una scelta indicata anche da importanti operatori del settore. Tra questi, gli chef stellati Michelin, Antonio e Luca Abbruzzino, titolari di un rinomato ristorante, che a Catanzaro hanno scelto di rimanere chiusi e hanno sollecitato le istituzioni a mantenersi cauti
rispetto ad una riapertura che potrebbe avere conseguenze negative. Nelle aree urbane, comunque, si registra da stamani una maggiore presenza di persone, soprattutto nei centri città e lungo le strade principali della regione. Molte le segnalazioni di gente che non indossa alcun dispositivo di protezione, come accaduto anche domenica nel centro di Cosenza, affollato di persone per tutto il week end anche davanti ai bar aperti per il servizio all’esterno dei locali in forza dell’ordinanza
regionale. Hanno fatto il giro del web le immagini dei cosentini in giro sul corso della loro città, dove il sindaco, Mario Occhiuto, non si è opposto all’apertura decisa dalla presidente della Regione Jole
Santelli, che ha autorizzato bar e ristoranti a ripartire a condizione che servano i clienti all’aperto. Il primo cittadino di Cosenza, esponente di Forza Italia, è andato in controtendenza anche rispetto a
sindaci di centrodestra, i quali hanno sospeso con loro ordinanze il dispositivo della Regione, attenendosi da oggi alle prescrizioni del Presidente del Consiglio. Occhiuto ha spiegato il perché della sua scelta e continua a invitare i suoi concittadini alla prudenza. “Ho visto anche io molta gente sul corso – dice – ma ho notato che le persone, dopo il bombardamento mediatico di questi mesi, mantenevano le distanze. Siamo ancora in emergenza ma finché non avremo il vaccino per il coronavirus, continueremo ad esserlo e dovremo conviverci. Non era più possibile costringere la gente a stare chiusa dentro casa. Io stesso ho sollecitato le misure adottate dal presidente Santelli, anche se le avrei assunte in maniera diversa per quanto riguarda i tempi e i modi. Certe decisioni
-sottolinea Occhiuto- vanno concordate nelle sedi opportune, come la conferenza Stato-Regioni, e necessitano di un coordinamento con i Comuni”. In ogni caso, a parere di Occhiuto, non è
stata Santelli a creare confusione. Il vero problema, dice, è costituito dalle misure “contraddittorie” del Governo. “Ci sono prescrizioni riguardo alle distanze, per esempio, che stabiliscono – spiega – un
metro o due a seconda che si esca per una passeggiata o per le attività sportive; si autorizzano i cittadini a uscire per trovare i congiunti ma in base alle norme sulla privacy le forze dell’ordine non possono chiedere il nome della persona che si va a trovare. Conseguentemente i controlli sulla veridicità di quanto si dichiara sono difficili se non impossibili. Allora – dice il sindaco di Cosenza – non resta che invitare la gente alla prudenza, a non abbandonare i comportamenti che garantiscono
la sicurezza, come indossare le mascherine e gli altri dispositivi. Noi possiamo vigilare su aspetti igienici come la sanificazione dei locali”. “La Lombardia solo ieri ha registrato 500 contagi, praticamente – dice Occhiuto – la metà di quanti la Calabria ne ha registrati in tutta l’emergenza.
Non si possono assimilare le due situazioni, sono per una ripartenza differenziata basata sui dati e nella nostra regione siamo quasi ai contagi zero. Fra i cittadini c’è ancora tanta paura, sono loro
stessi ad adottare le cautele del caso. Del resto, è più facile che il contagio avvenga in una fabbrica o in un altro luogo chiuso, che all’aperto. Anzi, le attività all’aperto dovrebbero essere incentivate come si era detto in un primo momento. Per quanto tempo ancora si può tenere la gente dentro casa? Ogni anno -continua il sindaco -si registrano 91.000 morti a causa dell’inquinamento, dovremmo impedire alla gente di usare l’auto? A parti inverse, se in Calabria avessimo avuto il numero di contagi della Lombardia, sono certo che ci avrebbero messo attorno un cordone sanitario. Con i dati attuali -conclude- è giusto consentire una ripresa sebbene accompagnata da tutte le cautele”.
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