E’ in corso, nella sede della Regione, a Catanzaro, un’assemblea delle strutture ambulatoriali private accreditate convocata per protestare contro un recente decreto della struttura commissariale che riduce il budget delle prestazioni per il 2020 e modifica lo schema di contratto. L’assemblea è stata promossa da Anisap, Federlab e Asa. “Ci vediamo – ha detto il presidente di Anisap Calabria, Edoardo Macino, parlando con i giornalisti – perchéassemblea con l’ultimo decreto della struttura commissariale, il numero 179, assistiamo al mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza e alla mancata copertura dei fabbisogni delle prestazioni ambulatoriali, a tutto danno dei cittadini perchè tutte le prestazioni dovrebbero essere eseguite dal pubblico, cosa che in Calabria, come sappiamo, non può avvenire. Questo decreto è nato da un calcolo errato dei fabbisogni e una conseguenziale riduzione dei budget e dalla mancata presa d’atto che le strutture ambulatoriali pubbliche non sono in grado di rispondere alle richieste dei cittadini”. In particolare – sostengono Anisap, Federlab e Asa – “c’è una riduzione del budget dell’1,7%, ma il problema è che nello stesso budget sono comprese strutture che prima erano messe nel capitolo di bilancio dell’ospedalità privata e quindi la riduzione è molto più grossa, di circa 23 milioni rispetto al 2016. Nel documento fiscale allegato all’ultima Finanziaria, ieri approvata in Senato, viene poi detto chiaramente che il tetto di spesa per le strutture ambulatoriali private accreditate dev’essere ricondotto a quello del 2011, senza l’abbattimento del 2%, questo comporta che in Calabria come tetto di spesa per le strutture ambulatoriali private dovrebbe essere di 83 milioni, mentre il decreto commissariale è intorno ai 66 milioni. E’ evidente – ha proseguito Macino – che c’è qualcosa che non fa. Loro si nascondono dietro il fatto che la Calabria è in piano di rientro e quindi occorre ridurre ulteriormente la spesa, ma questo significa ridurre le prestazioni per i cittadini, e a questo ci ribelliamo, e sarebbe ancora più importante che si ribellassero i cittadini, che sono coloro che ci rimetteranno di più. Il problema è che le aziende dovranno ridurre il numero di personale, di prestazioni e quindi è un intero sistema che crolla”.
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