Il post dei portavoce dell’Emilia Romagna, le dimissioni del coordinatore della campagna elettorale in Calabria, ma soprattutto il malcontento crescente dei gruppi parlamentari. La decisione di far votare gli iscritti a livello nazionale sulle Regionali e di aspettare gli Stati generali rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso negli equilibri del Movimento 5 stelle. I malpancisti della linea portata avanti dal capo politico chiedono da tempo l’intervento di Grillo per invocare una maggiore collegialità sulle strategie pentastellate. Il fondatore del Movimento per ora è rimasto fuori dalle polemiche interne ma oggi potrebbe arrivare a Roma. “O torna in campo lui oppure questo Movimento rischia di morire”, è la tesi più allarmante di molti esponenti M5s. La richiesta è quella di arrivare ad una gestione condivisa e partecipata, di fare in modo che il Movimento – come sostiene un altro ‘big’ – recuperi l’identità perduta. “O interviene lui oppure ci sarà una frattura traumatica”, spiega un senatore. Sia alla Camera che al Senato l’irritazione da parte di molti esponenti M5s è crescente. Ci Capannelli nell’Aula di palazzo Madama e di Montecitorio. “Ma è possibile che Di Maio vada in Campania e in Sicilia mentre si vota in Emilia Romagna e in Calabria?”, si chiedono in molti. Ed ancora: “Come può un lombardo esprimersi sull’Emilia Romagna? Perché prima ha deciso di incontrarci diverse volte e poi vuol far parlare Rousseau? Che ci ha convocato a fare?”, è lo sfogo di molti. Il ministro degli Esteri ha spiegato questa mattina che le decisioni importanti “le prendiamo io e Grillo” e ha fatto capire che si è sentito più volte con quest’ultimo anche sulla decisione di coinvolgere la piattaforma web sul tema delle prossime elezioni. Poi la spiegazione: “Nessuno dei nostri vuole andare con il Pd su quei territori. Se ci presentiamo ora non avremo tempo di avere degli stati generali per creare un’organizzazione solida”. Ma i motivi addotti non convincono una gran parte dei parlamentari. “Come si fa a dire che andiamo in letargo? Com’è possibile chiamare un ‘time out’ in questo momento?”, osserva un’altra fonte. Il fattore ‘desistenza’ dovrebbe ovviamente giocare a vantaggio di Bonaccini nella battaglia più importante che il Pd si sta giocando contro Salvini, ma la fibrillazione nel Movimento 5 stelle è legata direttamente alla leadership del Capo politico.
La prima mossa di chi punta a ridimensionare in qualche modo il potere di Di Maio dovrebbe avvenire al Senato. Martedì prossimo dovrebbe essere portata nell’Assemblea la modifica dello Statuto che si voterà poi per parti separate. Ci stanno lavorando circa una decina di senatori. Tra i punti qualificanti si annovera il tentativo di far sì che Rousseau diventi solo uno degli strumenti, ma non quello decisivo. Il secondo punto importante è quello relativo alla volontà di aumentare il potere dell’Assemblea. Facendo in modo che a decidere non sia più solo il Capo politico che da statuto deve sentire i capigruppo. “Deve essere l’assemblea – questa la linea di chi sta ultimando il documento – a decidere”. Il vero obiettivo è dimostrare fedeltà al governo e al premier ma non più al capo politico. O perlomeno arrivare ad un organismo elettivo. C’è poi un’arma – ancora nel cassetto – più dirompente, ovvero quella di una mozione con la quale chiedere a Di Maio di scegliere tra ministro e il ruolo di capo politico. C’è chi sostiene che prima di far girare un documento – già preparato – si voglia arrivare a cento firme tra Camera e Senato. Ma sta di fatto che molti frenano per il timore di non essere più ricandidati e anche perché nessuno ha intenzione di sostituirsi alla leadership di Di Maio. Anche chi sta lavorando sotto traccia ad una maggiore collegialità – tra questi per esempio Morra – non si pone lo scopo di candidarsi come un’alternativa al responsabile della Farnesina. Il tentativo in ogni caso che verrà portato avanti sarà quello di chiedere a Grillo una mossa ‘politica’ prima che un impegno ‘guiridico’. “Perché è Di Maio che ha il simbolo ma Grillo è l’unico che può farlo ragionare”, osserva un deputato. Poi c’è un fronte più ‘pessimista’, ovvero di chi addirittura considera l’eventualità di approdare al gruppo misto oppure di dar vita ad un nuovo Movimento. Al Senato è in uscita Grassi ma altri ci stanno pensando. Ma le continue scosse interne al Movimento – questo il rischio – potrebbero creare un terremoto anche al governo.
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