CATANZARO. Due condanne a un anno e otto mesi di reclusione ciascuno, oltre all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, sono state chieste dalla pubblica accusa nel processo a carico dell’ex presidente della giunta regionale della Calabria, Giuseppe Scopelliti, e dell’assessore al personale, Domenico Tallini, rinviati a giudizio per rispondere di abuso d’ufficio a seguito dell’inchiesta sulla nomina di Alessandra Sarlo a dirigente del Dipartimento controlli della Regione. Il pubblico ministero, Gerardo Dominijanni, ha concluso la propria requisitoria chiedendo la medesima condanna per entrambi gli imputati che ha ritenuto egualmente responsabili dell’ipotizzato reato, Scopelliti in qualità di “mandante” e Tallini in qualità di “esecutore” del proposito illecito. Già nel pomeriggio sono previste le arringhe dei difensori degli imputati (gli avvocati Enzo Ioppoli e Francesco Scalzi per Tallini, e gli avvocati Nico D’Ascola e Antonio Labate per l’ex presidente Scopelliti) e, se queste dovessero concludersi in tempo, non è escluso che giunga anche la sentenza della terna giudicante (presidente Tiziana Macrì, a latere Annamaria Raschellà e Sergio Natale). Scopelliti e Tallini sono stati rinviati a giudizio il 21 giugno 2013 dal giudice dell’udienza preliminare che, contestualmente, ha prosciolto il vice presidente della Regione, Antonella Stasi, “per non aver commesso il fatto”. Secondo la tesi della pubblica accusa, sarebbe stata irregolare la nomina a dirigente della Sarlo, che giunse nell’agosto 2011 dopo che era “andato a vuoto” un avviso interno per l’individuazione di un candidato che avesse i requisiti per l’incarico nella nuova struttura Controlli. Alessandra Sarlo, che nel 2010 è stata per un breve periodo commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, e che rispetto a tale nomina è attualmente sotto processo per corruzione, è la moglie del giudice Vincenzo Giglio, arrestato e poi condannato nell’ambito dell’inchiesta denominata “Infinito” e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano su presunti rapporti con la cosca Lampada operante nel capoluogo lombardo.