REGGIO CALABRIA. “Siamo pronti a uccidere Lombardo al parco Caserta”; “c’è una bomba al parco Caserta per il giudice Lombardo”: frasi sempre dello stesso tenore ripetute una decina di volte parlando al telefono nell’arco di tre mesi, fino alla settimana scorsa, con i centralini della Guardia di finanza e dei carabinieri. Adesso l’autore delle minacce ai danni del pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo – ed in un caso del procuratore aggiunto Nicola Gratteri – ha un volto ed un nome: Francesco Gennaro Triolo, 47 anni, operaio. A darglielo sono stati gli uomini del Gico del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Reggio Calabria coordinati dal procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo e dal sostituto Paolo Petrolo. Scoperto l’autore – sulle cui responsabilità inquirenti ed investigatori non hanno dubbi – resta da capire il perché delle minacce. Solo un mitomane? Potrebbe anche essere, ma dalle indagini è emerso che Triolo risulta in contatto con soggetti ritenuti contigui a cosche di ‘ndrangheta, anche se non è mai stato sfiorato da indagini. A rendere ancora più complessa la lettura dell’episodio c’è anche un precedente nel quale è rimasto coinvolto il fratello, Giuseppe Triolo, accusato, e poi assolto, di essere stato l’autore di minacce rivolte con la stessa tecnica – telefonate alle forze dell’ordine – al procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro e al consigliere di Corte d’appello Francesco Neri. Minacce giunte in un periodo particolare per Reggio, il 2010, la stagione delle bombe davanti la Procura generale e la casa di Di Landro. In quel caso il gup di Catanzaro, nel marzo del 2014, aveva assolto Giuseppe Triolo per non avere commesso il fatto. E proprio Giuseppe Triolo, per cercare di spiegare perché il fratello possa avere compiuto un simile gesto, ha parlato di una “persona sofferente psicologicamente; se dovesse essere lui il telefonista è stata solo un’azione di una persona mentalmente sofferente e non legata ad ambienti di qualsiasi natura malavitosi”. Una spiegazione sulla quale sono in corso accertamenti, ma anche la coincidenza dello stesso reato contestato ai fratelli solleva più di un dubbio tra gli investigatori. Anche perché su Francesco Gennaro Triolo sono convinti di avere le prove del suo coinvolgimento. L’uomo, infatti, è stato individuato grazie a telecamere poste nelle vicinanze di alcune cabine telefoniche situate nella zona di parco Caserta, area in cui si trovano la ditta per la quale Triolo lavora e l’abitazione del pm Lombardo. Ad inquietare gli investigatori è il fatto che l’allora anonimo telefonista aveva dato prova di conoscere gli spostamenti del magistrato impegnato in indagini particolarmente delicate sulle cosche di ‘ndrangheta più potenti della città. “Ore 20.37 il giudice Lombardo è rientrato in casa”, aveva detto in una delle telefonate. In più, in un’altra occasione, aveva rivolto le sue minacce chiamando l’utenza dell’abitazione dove vive la madre del pm. “Stiamo lavorando – ha detto il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo – per ricostruire luoghi e persone frequentati dal Triolo e verificare fino in fondo ogni aspetto dell’inquietante vicenda”. E per farlo la Procura ha inviato i finanzieri a fare perquisizioni a casa di una decina di persone, oltre all’indagato, tra le quali il fratello di Francesco Gennaro Triolo, Giuseppe.