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L’Opinione di Carlo Rippa/ Crisi economica, stili di vita e religione

L’Opinione di Carlo Rippa/ Crisi economica, stili di vita e religione

                                                di Carlo Rippa

Da qualche mese il teatrino della politica italiana è fortemente impegnato a dipanare due intricati problemi: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica ed il varo di una nuova legge elettorale. Tutti gli attori dichiarano di volere risolvere i predetti problemi nell’esclusivo interesse del “popolo sovrano”, sperando di fare credere che la loro attività interessi tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ma la realtà è un’altra. Ogni singolo attore rappresenta un solo partito politico, ovvero soltanto una parte del “popolo sovrano” e, della parte politica rappresentata, intende rafforzarne il potere, con ogni mezzo a disposizione. Intanto, però, la malefica crisi economica continua a peggiorare, prolungando le sue tenebre ben oltre i segnali di ripresa raccontati dalle varie autorità governative e finanziarie. E’ così che gran parte delle persone, sempre più ansiosa e arrabbiata, è ormai sul punto di perdere ogni residua speranza, peraltro consapevole che la crisi economica ha perfino accresciuto le già intollerabili disuguaglianze economiche e ristretto ulteriormente i valori di giustizia sociale, che sono la base della democrazia. Eppure io mi convinco ogni giorno di più che, malgrado il crescente degrado delle condizioni di vita; malgrado sia ormai evidente che le politiche ortodosse perseguite in questi anni per rilanciare l’economia, con la conseguente riduzione dei deficit pubblici, abbiano avuto il solo effetto di produrre una terribile recessione; dal momento che è diventato impossibile continuare a sperare che la classe politica che ci governa riesca a convertirsi e decida di operare veramente nell’esclusivo interesse del “bene comune”; poichè nessuna persona, intellettualmente onesta, riesce più ad intravedere alcuna “luce in fondo al tunnel”; nonostante tutto questo e molto altro ancora, io continuo a credere che una via d’uscita deve necessariamente esserci, a patto che si creda fortemente che la rinascita presuppone un radicale cambiamento delle proprie convinzioni politiche, delle proprie abitudini di vita, meglio, della propria filosofia di vita. Penso tuttavia che il cambiamento non potrà essere realizzato in poco tempo. Occorrerà cominciare a riflettere seriamente su alcuni fondamentali argomenti, riuscendo a trarne le debite conseguenze. Perché, ad esempio, non si riesce a ridimensionare il problema delle disuguaglianze economiche, sociali e culturali, che rendono i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri? Perché non si abbandona il mito della crescita illimitata, l’ossessione del Pil in continuo aumento, mentre è risaputo che quando la crescita arriva non tutti ne beneficiano e, di conseguenza, aumentano le disuguaglianze, prima fra tutte quella della disoccupazione? Perché non si riesce ad eliminare la corruzione, a ridurre l’evasione fiscale, a contrastare efficacemente la criminalità organizzata? Non sarebbe più logico accettare che il proprio reddito ed i propri consumi si riducano per effetto di una minore quantità di lavoro prestato, in cambio di una migliore salute per tutti, di una drastica riduzione dei rifiuti, di un ambiente più salubre, in altre parole, di una migliore qualità della vita? Non sarebbe preferibile potere disporre di maggiore tempo libero, per cominciare a riflettere su come viviamo e perchè lavoriamo come pazzi, continuando a non vedere le persone con le quali conviviamo e, soprattutto, a non godere della bellezza e ricchezza della natura, che dovrebbe dettare i ritmi della vita degli uomini? Pensando, in particolare, al nostro Paese, è inevitabile rilevare ulteriori motivi di riflessione. La religione più diffusa in Italia è il cristianesimo. Più dell’87% della popolazione continua a dichiararsi cattolica. Eppure la crisi economica e sociale non è meno grave che nel resto dell’Unione europea. Come si spiega il fenomeno? Se i cattolici italiani uniformassero la loro vita agli insegnamenti del cristianesimo, la crisi nel nostro Paese avrebbe aspetti meno devastanti, contrastata dai più forti sentimenti di comprensione, di condivisione, di fratellanza e di amore per il prossimo, che sono i sentimenti fondamentali che dovrebbero caratterizzare la vita di ogni autentico cristiano. Perché tutto questo non è successo pur in presenza di Chiese sempre più affollate di fedeli nei giorni di festa, di ricorrenti omelie pronunciate anche da pulpiti altamente qualificati, sulla povertà, sulla condivisione, sulla carità per il prossimo? A mio parere è del tutto evidente che il superamento della grave crisi economica e morale, debba comportare una profonda riflessione anche sulle proprie convinzioni religiose. A questo punto avverto che il discorso diventa difficile. E’ bene quindi che mi fermi per ripigliare fiato.

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