SAN FERDINANDO. L’incendio che sabato sera ha provocato una vittima a San Ferdinando, non è il primo che divampa nella tendopoli. Quasi due anni fa, il 27 gennaio 2017, un incendio, molto più vasto ed in quel caso doloso, distrusse circa 200 baracche e provocò la morte di una 26enne nigeriana, Becky Moses, ustionando gravemente un’altra donna di 27 anni. La donna era giunta a San Ferdinando solo da pochi giorni. In precedenza era inserita nei progetti Sprar attivati nel Comune di Riace guidato dal sindaco Domenico Lucano, divenuto famoso per i suoi progetti di accoglienza. Pochi mesi dopo quell’incendio, ad aprile, la polizia arrestò una donna nigeriana di 47 anni, Lise Emike Potter, con l’accusa di essere la mandante del rogo. Secondo l’accusa, la donna avrebbe commissionato l’incendio ad alcuni connazionali, dietro pagamento di una somma di denaro, per vendicarsi di una 25enne che sospettava avere una relazione col suo ex convivente. In precedenza, altri incendi si erano sviluppati nella tendopoli nel dicembre 2017 e nel luglio 2017, fortunatamente senza provocare vittime.
C’è tensione tra i circa mille migranti che vivono nella tendopoli di San Ferdinando dopo l’incendio. Al momento, comunque, non sono segnalati problemi. Le fiamme si sono sviluppate per un fuoco accesso per riscaldarsi dal freddo della notte e sono state spente dai vigili del fuoco che stazionano nella zona. Nel gennaio 2018, un altro rogo aveva distrutto circa 200 baracche uccidendo Becky Moses, una donna nigeriana di 26 anni. Il rogo della notte scorsa è divampato nonostante sulla zona stesse piovendo. Le baracche, costruite ad alcune centinaia di metri dalla tendopoli “ufficiale” in cui vivono altri 800 migranti, sono adesso in mezzo al fango. Una situazione che crea tensione tra i migranti che annualmente, in questo periodo, arrivano nella piana di Gioia Tauro per cercare lavoro nei campi per la raccolta di agrumi.