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L’OPINIONE di Carlo Rippa/ Natale 2014, le “perle” di Benigni e del Papa lo consegnano alla storia

L’OPINIONE di Carlo Rippa/ Natale  2014, le “perle” di Benigni e del Papa lo consegnano alla storia

di Carlo Rippa

A mio parere sono soprattutto due gli avvenimenti che consegneranno alla storia il Natale 2014: lo spettacolo di Roberto Benigni su I Dieci Comandamenti, trasmesso da Rai Uno nelle due prime serate del 15 e 16 dicembre; il discorso che il 22 dicembre papa Bergoglio ha rivolto alla Curia Romana per spiegare le quindici piaghe che affliggono l’organo di governo del Vaticano. Si è trattato di due straordinari eventi, accaduti nel bel mezzo di una crisi economica che non accenna ad attenuarsi, compromettendo, in modo forse irreparabile, la pacifica convivenza sociale. In tale preoccupante scenario, portare in televisione la Bibbia, in prima serata, ha richiesto sensibilità e coraggio non comuni. Roberto Benigni ha operato il miracolo e, anche per questo, il pubblico lo ha premiato. Da tempo sostengo che la grave crisi economica, in Italia, è di difficilissima soluzione, perché alimentata da una non meno grave crisi morale che pervade la politica e, più in generale, la classe dirigente del nostro Paese, ormai in larga misura consustanziale alla criminalità organizzata. Anche per tale profonda convinzione ho trovato a dir poco stupefacenti i due avvenimenti indicati in premessa. La rilettura de “I dieci comandamenti”, così come realizzata da Roberto Benigni, è stata sostanzialmente un inno appassionato all’amore, alla vita, alla ricerca della felicità. Ho avuto modo di ascoltare un numero imprecisabile di omelie sullo stesso argomento; e tuttavia mai ho colto, nel predicatore di turno, una analoga capacità di commuovere, di emozionare, di fare riflettere. In realtà è stato necessario ricorrere ad un “laico” intelligente come Roberto Benigni, privo di pregiudizi, dotato di grande cultura, onestà intellettuale, notevole sensibilità e capacità artistica per affrontare, peraltro con poche concessioni alla satira e all’attualità ed in un momento assai critico della storia del nostro Paese, l’eterno discorso sull’esistenza di Dio, sull’assoluto bisogno di crederci e, in particolare, sulla necessità di rispettare l’alleanza stabilita con gli uomini attraverso il decalogo dettato da Dio a Mosè sul monte Sinai. Roberto Benigni lo ha fatto, senza alcun dubbio nel migliore dei modi. Trascorsi appena quattro giorni, giusto il tempo di lasciare spegnere le luci sul più straordinario spettacolo televisivo dell’anno, ha fatto irruzione, su tutti i mezzi di comunicazione, la notizia che papa Francesco, in occasione degli auguri di Natale alla Curia Romana, aveva scelto di pronunciare un discorso durissimo, elencando minuziosamente tutti i peccati che caratterizzano la complessa macchina curiale e lasciando intendere inoltre come ritiene di riformare, a breve, il governo vaticano. E’ stato un modo, solo formalmente diverso, di continuare, ampliandola, la rilettura operata da Benigni su “I dieci Comandamenti”. Papa Francesco infatti, dopo avere premesso che: “è bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo”, aggiunge che tuttavia anche la Curia è esposta alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui papa Francesco descrive analiticamente ben quindici malattie, chiarendo subito dopo che non ha inteso riferirsi esclusivamente alla Curia Romana, perchè “tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario”. Personalmente ho trovato stupefacente il discorso del Papa, perché da molti anni sostengo, nel mio piccolo, che la Chiesa gerarchica manifesta da tempo evidenti segnali di malfunzionamento e di infermità e che, nel contempo, essa mantiene una fitta impenetrabilità, rimane silenziosa quando dovrebbe parlare, irremovibile nelle decisioni assunte anche se, a volte, palesemente errate. Se il Capo della Chiesa Cattolica non teme di denunciare apertamente le piaghe che affliggono l’organo di governo del Vaticano e, nel contempo, di annunciarne la sollecita riforma, è evidente che non rimane altro tempo da perdere. Non sarà di certo un’operazione facile. Il Sommo Pontefice lo sa e ricorda anche che il suo predecessore papa Ratzinger, di fronte alla impossibilità di curare adeguatamente le “malattie” della Curia Romana, decise di dimettersi dal soglio pontificio. Papa Francesco è sicuro di riuscire nella difficilissima impresa, malgrado le “resistenze” si facciano sentire e crescano ogni giorno di più, confidando nell’indispensabile aiuto dello Spirito Santo. A mio parere avrà bisogno anche dell’aiuto dei “semplici fedeli” i quali, liberati da ogni forma di pregiudizio, potranno riconoscere e rinnegare i falsi preti, i falsi vescovi, i falsi cardinali e, più in generale, tutti i “falsi maestri della legge”, sull’esempio di Gesù, il quale non esitò ad usare la frusta per scacciare dal tempio i mercanti che avevano trasformato la casa del Padre in un “covo di briganti”. Il tempo delle prediche è finito. I veri cristiani, cioè i seguaci di Cristo, si riconoscono unicamente dal modo di vivere, dalle azioni che compiono. La crisi della Chiesa cattolica è essenzialmente crisi di testimonianza, crisi di credibilità. Buon Anno. A tutti.

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