Personalizza le preferenze di consenso

Utilizziamo i cookie per aiutarti a navigare in modo efficiente ed eseguire determinate funzioni. Di seguito troverai informazioni dettagliate su tutti i cookie in ciascuna categoria di consenso.

I cookie classificati come "necessari" vengono memorizzati nel tuo browser in quanto sono essenziali per abilitare le funzionalità di base del sito.... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Matteo Messina Denaro sarebbe stato in Calabria

Matteo Messina Denaro sarebbe stato in Calabria

 

REGGIO CALABRIA. Matteo Messina Denaro, “primula” della mafia siciliana, il boss più ricercato dagli inquirenti, sarebbe stato in Calabria nel 1993. Il dato emerge da un’intercettazione allegata agli atti dell’operazione “Anno zero” ordinata dalla Dda di Palermo contro i fiancheggiatori del latitante. Le cronache giudiziarie e quelle dei giornali sono piene di riferimenti ai contatti fra Cosa Nostra siciliana e la ‘ndrangheta calabrese, concorrenti ma spesso alleate nei loro traffici e pronte a scambiarsi favori in nome di “patti d’onore”. Come quello che vide protagonista Toto Riina, il capo dei capi in persona, che avrebbe attraversato lo Stretto di Messina vestito da frate durante la sua lunga latitanza. Erano gli anni Novanta e Reggio Calabria era insanguinata dalla guerra che contrapponeva i De Stefano al cartello Serraino-Condello-Imerti. Diversi i riferimenti a quell’episodio riscontrabili in inchieste della magistratura e relazioni della commissione antimafia. A parlarne recentemente è stato il pentito Consolato Villani, nel corso del processo “‘Ndrangheta stragista” che lo vede imputato, insieme con altri, per l’omicidio di due carabinieri avvenuto nel 1994 lungo l’autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria. Il processo, tra l’altro, offre un ulteriore testimonianza dei rapporti fra le due mafie, perché vede imputato anche il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano. L’agguato contro i due carabinieri, Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, sarebbe maturato nell’ambito di un progetto eversivo di cui Riina sarebbe stato protagonista anche attraverso gli attentati di Roma, Firenze e Milano compiuti in quegli anni. Riina fu ad Africo, in Aspromonte, come emerge da diversi rapporti della Dia, e vi sarebbe stato più volte. Sempre ad Africo, a conferma dei contatti fra le due sonde criminali dello Stretto, trovò rifugio un altro capobastone siciliano di peso, Luciano Liggio. La ‘ndrangheta avrebbe fornito l’esplosivo per l’attentato contro il giudice Borsellino e, sempre per conto di Cosa Nostra, avrebbe assassinato, nei pressi di Campo Calabro, il giudice Antonino Scopelliti, sorpreso dai killer il 9 agosto del 1991. Scopelliti sosteneva l’accusa davanti alla suprema corte contro i boss palermitati condannati nel primo maxiprocesso contro Cosa Nostra. L’omicidio del magistrato sarebbe stata la “contropartita” delle ‘ndrine per la mediazione di Riina, intervenuto per far cessare la guerra scatenata a Reggio con l’uccisione del boss Paolo de Stefano, avvenuto nell’ottobre 1985.

desk desk