Genocidio degli armeni, torna di grande attualità il libro di Angelo Di Lieto
Dopo le dichiarazioni di Papa Francesco sul massacro della popolazione armena in Turchia all’inizio del 1900, torna di grande attualità il libro di Angelo Di Lieto “Gli Armeni, un cammino verso il genocidio”, che analizza la questione armena (e non solo) in maniera approfondita. Lo scrittore Di Lieto, avvalendosi delle numerose fonti storiche, ha ripercorso il cammino travagliato del popolo armeno che già alla fine del XIX secolo ha subito cruente e ripetute persecuzioni da parte del governo Turco, il quale ha definito inaccettabili le dichiarazioni del Papa esortandolo a non commettere più l’errore di definire la persecuzione di più di un milione e mezzo di armeni “genocidio”. In questo dibattito, che ha coinvolto molte personalità della scena politica ed ecclesiastica mondiale, si inserisce anche l’Onu definendo il fatto non come genocidio ma come “crimine atroce”, tramite il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric. Angelo Di Lieto nel suo libro racconta di come: “Già nel novembre del 1914, gli armeni erano stati massacrati a Smirne dall’esercito turco, perché come si avvicinavano alle navi per salire a bordo con i loro bambini, tagliavano loro le braccia con i macheti. E così i padri morivano con i loro bambini. Alla fine dell’800, col disfacimento dell’Impero Ottomano, la Germania, proteggendo la Turchia dalla voracità degli europei e dalle altre nazioni, ebbe l’incarico di costruire la linea ferroviaria Berlino-Bagdad, sin verso Oriente. Gli armeni, privati dai turchi dei “diritti civili e politici, e dall’accesso agli impieghi e all’esercizio delle varie professioni e attività”, invocavano le riforme che dovevano tutelare la vita ed i loro beni, mentre le autorità turche avviavano già in gran segreto i programmi di deportazioni e di massacri. Il Governo turco per prima cosa aveva invitato gli armeni a consegnare le armi, facendo scattare perquisizioni nelle case, nelle chiese e nelle tombe dei cimiteri, con conseguenziali arresti, imprigionamenti e deportazioni. All’inizio dei massacri del 1894-1896, i carnefici turchi uccisero solo gli uomini, sgozzandoli e recitando un versetto del Corano, oppure li buttarono nei fiumi facendoli annegare. Poi il massacro si allargò con l’eliminazione anche delle donne, le quali vennero violentate e sventrate con le baionette, spogliate, crocifisse e bruciate con i loro bambini nelle case. I bambini vennero decapitati o squartati, o fatti annegare nei fiumi, oppure messi in fila ed eliminati sparando un solo proiettile; così verificavano, come se fosse un gioco, quanti bambini potevano essere uccisi con un solo proiettile. I bambini sino a due anni venivano soppressi o sbattuti contro un muro o finiti con la testa recisa, perché al di sotto di quell’età, sarebbe stato difficile allevarli. I più grandicelli venivano risparmiati soltanto se manifestavano essi stessi di diventare mussulmani, perché in caso contrario venivano uccisi. Alcune donne, pur di non farsi rapire i figli, in prossimità dei fiumi, li buttavano dentro, preferendo farli morire annegati. Le ragazze belle venivano avviate nei bordelli, dove si ammalavano di sifilide o di altre malattie veneree, ma poi venivano uccise lo stesso, le brutte venivano gettate nei fiumi. Anche i bambini armeni, venivano assegnati nei bordelli per omosessuali o inviati in appositi istituti per essere rieducati nella religione mussulmana. Alle ragazze, poi, venivano recisi i capezzoli, alle donne il seno. A chi era incinta veniva tagliata la pancia, per la curiosità anche di sapere se il feto era di sesso maschile o femminile. Tra il 1894 e 1896 vi sono stati oltre 200 mila armeni trucidati, a questi, poi, si devono aggiungere circa 100 mila ragazze rapite, 100 mila conversioni all’islamismo e più di 2500 villaggi incendiati. Ogni massacro messo in atto dai turchi era l’occasione astutamente provocata per far reagire gli armeni e trovare così la giustificazione in campo internazionale che erano gli stessi armeni ad agire contro il potere. Chi non rinnegava la religione cristiana, veniva decapitato con asce e coltelli o crocifisso. I rapporti sulle deportazioni stilati dagli osservatori europei non parlavano mai di responsabilità degli armeni, confermavano sempre la responsabilità dei turchi. Ma i turchi, minimizzando le stragi, consideravano il problema armeno un fatto interno alla loro politica. Durante i trasferimenti distruggevano le tende per esporli alle intemperie in piena notte, e questo era anche un metodo per eliminarli in modo indiretto, facendoli morire congelati o con malattie polmonari, oppure di inedia, di fame o di freddo. I corpi, di uomini, donne e bambini venivano lasciati ai cani ed alle belve, oppure buttati in cisterne. Gli spietati aguzzini strappavano agli armeni, da vivi, capelli, unghie, denti, gli occhi, ed in alcuni casi recidevano anche il naso o marchiavano loro il petto con un ferro di cavallo rovente, o appendevano i malcapitati dalle caviglie, a testa in giù. Furono persino piantati ferri di cavallo sotto i loro piedi, costringendoli poi a ballare sino allo svenimento. Un console tedesco ha raccontato di aver visto mani di bambini mozzate e sparse sulla strada in gran numero e, durante le deportazioni, la crudeltà dei miliziani sui convogli nel sopprimere le loro vittime, per la grande bramosia di oro, era incredibile. Negli Stati europei il patriottismo risveglia l’animo di un popolo, nell’Impero Ottomano, invece, è la religione che spinge gli animi all’animosità e a morire per la fede, perché la persona che muore, non muore per la patria, ma per l’Islam. Si ritiene che i tedeschi sarebbero stati, non solo gli ideatori di queste deportazioni e massacri, ma quanto i suggeritori e i firmatari di ordini di deportazioni. Il 2 agosto 1914 i turchi firmarono con la Germania anche un patto segreto, nel quale i tedeschi si impegnavano a fornire aiuti finanziari ed economici alla Turchia, dando protezione ai turchi nella prosecuzione dei massacri e nel risolvere, in via definitiva, il problema degli armeni. Quando la Prima Guerra Mondiale finì, i tedeschi trasferirono in Germania documenti importanti e compromettenti e che avrebbero fornito la prova del loro coinvolgimento con i turchi nello sterminio degli armeni. Le retate nella notte del 24 e del 25 aprile 1915 diedero la piena consapevolezza dell’attacco finale che i turchi avevano sferrato contro gli armeni per il loro sterminio di massa. E così ebbe inizio, senza precedenti, dopo i massacri del 1894-1896 e successivi, il genocidio armeno. Per prima fu eliminata la classe intellettuale costituita da poeti, scrittori, giornalisti, avvocati, medici, studiosi e preti armeni. La notizia dello stermino indusse gli Stati e le Comunità Umanitarie ad aiutare e a assistere i sopravvissuti. Furono aiutati tutti i bambini orfani, che erano stati abbandonati o che erano stati rapiti ed educati islamicamente nelle abitazioni dei turchi. Il genocidio aveva distrutto tradizioni e cultura risalente a 3000 anni fa. I bambini svegli ed attivi riuscirono a sopravvivere, arrangiandosi continuamente e facendo tesoro della loro esperienza. Gli orfanotrofi furono realizzati con lo scopo di trovare bambini armeni sopravvissuti e ridare loro le basi per la formazione della nuova generazione armena. Comunque i turchi avevano un solo obbiettivo: dalle ceneri dell’Impero Ottomano creare una grande Turchia, mussulmana e senza etnie cristiane, in quanto i cristiani venivano considerati invasori della loro terra. I turchi erano convinti che con i tedeschi sarebbero diventati invincibili e padroni di tutto il Mondo. Nel 1905, i “Giovani Turchi”, eliminando tutte le minoranze che non s’integravano e che minavano il processo di turchizzazione, costituirono un movimento nazionalista che diede origine al partito “Unione e Progresso”, il cui intento era quello di creare dal Mar Egeo alla Cina la “Grande Turchia. Negare il genocidio di un milione e mezzo di armeni da parte della Nazione turca, significa soprattutto non voler fare agli Armeni concessioni politiche, economiche e territoriali. Perciò il motivo è più politico ed economico che culturale. Non vi è assolutamente interesse a creare uno smembramento dei loro territori. Solo nel 1991, con il crollo della Russia, l’Armenia sovietica ha dichiarato la propria indipendenza, fondando la “Repubblica di Armenia”. Nel 1992 farà parte dell’ONU”. (Dal libro: “Gli Armeni, un cammino verso il genocidio”di Angelo Di Lieto – pagg. 126-C/zaro-2012.) Tommaso Stanizzi